Videosorveglianza, il consenso dei dipendenti non scrimina il datore
Per la Cassazione penale (sentenza n. 1733/2020) è ineludibile l'accordo con le rappresentanze sindacali quando si voglia installare regolarmente un impianto
Il datore di lavoro/titolare del negozio installava in azienda un impianto di videosorveglianza senza l'osservanza di quanto prescritto dall'art. 4, comma 1, L. n. 300 del 1970, bensì giovandosi di un accordo scritto con i dipendenti. Riteneva, come altri imprenditori, che l'accordo con (tutti) i dipendenti fosse sufficiente a rendere legalmente corretta l'installazione dell'impianto; e si sbagliava, stando alla sentenza del giudice di primo grado, per cui ha proposto ricorso per cassazione.
La Corte di cassazione, sez. III penale, con sentenza 17 gennaio 2020, n. 1733 conferma tuttavia l'indirizzo consolidato in pronunce assai recenti (tra cui la sentenza 10 aprile 2018, n. 38882 e la sentenza 8 maggio 2017, n. 22148, tutte della terza sezione) secondo cui la fattispecie incriminatrice ex art. 4 è integrata (con l’installazione di un sistema di videosorveglianza in grado di controllare a distanza l’attività dei lavoratori, come nel caso di specie) anche quando, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali e di provvedimento autorizzativo dell’autorità amministrativa, l'installazione dell'impianto sia stata preventivamente autorizzata per iscritto da tutti i dipendenti.

È ineludibile per il datore di lavoro l'accordo con le rappresentanze sindacali (o, in difetto di quello, il provvedimento autorizzativo della Direzione territoriale del lavoro), quando voglia installare regolarmente, per una delle finalità tipizzate dalla legge, un impianto di videosorveglianza.
Tale procedura, “frutto della scelta specifica di affidare l’assetto della regolamentazione di tali interessi alle rappresentanze sindacali o, in ultima analisi, ad un organo pubblico, con esclusione della possibilità che i lavoratori, uti singuli, possano autonomamente provvedere al riguardo”, per la S.C. è legata alla considerazione dei “lavoratori come soggetti deboli del rapporto di lavoro subordinato”.